Sbarco degli animali alieni, gli anfibi invadono l'Europa

Gli anfibi «migrano» e minacciano le specie autoctone
mercoledì, 24 dicembre 2008 - Oche, meduse, rospi, ma anche ragni, formiche e castori. Sono quasi undicimila le specie animali e vegetali aliene che stanno cercando dimora nel vecchio Continente. Non si tratta di organismi extraterrestri, ma di specie straniere che si spostano da ambienti esotici e colonizzano i nostri territori creando spesso danni agli ecosistemi.
C'è da chiedersi quale sia la causa del fenomeno, che avviene con una frequenza sempre maggiore. Il più grande imputato è il clima: l'innalzamento della temperatura globale induce una progressiva modificazione degli habitat naturali, ma non solo. Anche le azioni perpetrate dall'uomo per rendere la Terra più ospitale per la nostra specie, ma meno consona al resto della natura, stanno progressivamente modificando gli equilibri naturali. Così molte specie selvatiche si adattano a vivere in ambienti nuovi il più possibile compatibili con la loro fisiologia e con le loro abitudini di vita. Il fenomeno della invasione dei territori da parte di specie aliene desta grande preoccupazione tra naturalisti ed ecologi poiché queste colonizzazioni rischiano di rompere irreparabilmente i delicati equilibri che la natura a selezionato nei millenni. Le specie straniere, siano esse piante, animali o microorganismi, possono infatti essere vettori di nuove malattie, alterare i processi degli ecosistemi, o ancora distruggere le colture agricole.

Progetto Daisie

Al problema dell'invasione dell'Europa da parte di nuove specie si sta occupando il progetto Daisie (acronimo di Delivering alien invasive species inventory for Europe). Più di cento ricercatori europei impegnati a stendere un preciso inventario delle specie naturali che hanno colonizzato il nostro Continente. Le specie esotiche immigrate in Europa si sono distribuite in maniera eterogenea sia sulla terra ferma che in acque dolci e ambienti marini. Fortunatamente, informano i naturalisti coinvolti nel progetto, non tutte sono nocive o pericolose. Tuttavia il 15% di esse è causa di danni economici e un'altra fetta equivalente rappresenta un rischio per la biodiversità degli ambienti che vengono invasi. Prima che questo ambizioso studio venisse varato dalla Comunità Europea, il fenomeno era silente e in gran parte misconosciuto. Ora grazie a questo imponente lavoro è stata dipinta una fotografia della situazione che può essere utile per monitorare e arginare (dove possibile) le colonizzazioni in corso, predirne di nuove e prevenire quelle future. Il progetto fornisce informazioni cruciali per pianificare delle misure di prevenzione e controllo del fenomeno. Una banca dati preziosissima per sviluppare strumenti di tutela e conservazione delle biodiversità.
Specie aliene
Al progetto è anche associato un sito (www.europe-aliens.org) che riporta, tra l'altro, informazioni sulla situazione e dettagli sulle 100 specie più minacciose per l'equilibrio naturale. Al censimento delle "top 100" appartengono ben quindici specie di vertebrati terrestri tra i quali il cervo giapponese, un elegante quadrupede che popolava originariamente vasti territori dell'Asia orientale.
Alcuni esemplari sono stati poi introdotti nei parchi di molte parti del mondo a scopo ornamentale. In qualche zona i cervi nipponici hanno dato origine a popolazioni selvatiche aliene, la cui diffusione è stata generata da esemplari fuggiti da parchi o fattorie oppure liberati intenzionalmente da incauti proprietari. La situazione è degenerata al punto che ora il cervo giapponese si è diffuso in una quindicina di Paesi europei. La specie causa seri danni ai boschi di conifere che colonizza. Le sue abitudini alimentari e di vita depauperano infatti la vegetazione e sono causa di impoverimento del terreno. Inoltre l'accoppiamento degli esemplari con quelli di cervo europeo dà vita a progenie fertile. Un fenomeno che potrebbe portare alla progressiva riduzione delle popolazioni di specie autoctone.
Se l'invasione del cervo giapponese, almeno per ora, non preoccupa il nostro Paese, altrettanto non si può dire per la rana toro. Un anfibio che può raggiungere, zampe escluse, i venti centimetri di lunghezza e i 400 grammi di peso. Originaria dell'America del Nord, la specie è stata introdotta dall'uomo in altre aree del Pianeta. Importata in Europa, ha trovato anche in Italia un ambiente favorevole, soprattutto nelle zone umide prospicienti Pavia e Mantova. La specie ha creato seri problemi alle popolazioni di rane locali ed essendo un predatore molto vorace, sta danneggiando le popolazioni dei piccoli vertebrati di cui si nutre (topi, insetti, piccoli insettivori, e soprattutto pesci). La rana toro è inoltre vettore di un fungo patogeno che causa la chitridiomicosi, una malattia implicata nel declino globale degli anfibi. I nostri mari sono invece colonizzati dal crostaceo Percnon gibbesi, un granchio originario delle coste di Florida, Brasile, Baja California e Cile settentrionale. Una decina di anni fa la sua presenza è stata segnalata anche nel Mediterraneo e ora la sua popolazione, in alcune aree, ha addirittura soppiantato completamente le specie di granchi locali.
Maria Cristina Ricossa
http://www.giornaledibrescia.it/
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