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Il Mondo cambia, il Parco resta, gli ambientalisti pure?

Obama 'super-taglia' le tasse in America, economisti russi presagiscono il tramonto dell’egemonia Usa nel Mondo, Napoli si sgretola sotto i colpi del malaffare, il mondo cambia. Chiudono perfino le Aziende di Soggiorno e Turismo per ‘inutilità’. La Legge Regionale n.10/2005 agli articoli 4 e 5 sopprime sia le aziende autonome provinciali del turismo che le aziende autonome per il turismo, inglobando tutti i servizi in 23 Distretti turistici la cui operatività è delegata ai Servizi Turistici Regionali.
La Regione siciliana scioglie l’ESA, Ente di Sviluppo Agricolo, ed annuncia (comunicato stampa del 17 ottobre 2008, on. Scoma) “una riduzione dell’indennità mensile dei commissari straordinari inviati negli Enti locali siciliani”. Il documento approvato dalla giunta prevede una riduzione dell’indennità per categorie di amministrazioni divise per dimensione demografica. Ma nessuna proposta sembra volere prendere in considerazione l’abolizione dei commissari, specie quelli di Enti la cui utilità può essere equiparata ai disciolti enti, di cui sopra.
Commissari che provengono dai ranghi della burocrazia regionale, già lautamente stipendiati, e 'ri-stipendiati' per svolgere mansioni che casomai sarebbero molto più consone al presidente di un consiglio d’amministrazione, come nel caso degli Enti Parco. Il Parco dei Nebrodi, ad esempio, istituito nel 1993, continua ad avvalersi di un commissario, 'deus ex machina' (propriamente 'divinità che scende da una macchina', quella burocratica della Regione Siciliana).
Sulla reale utilità dei commissari il discorso sarebbe superfluo, giacché perfino il Parlamento Europeo si avvale di un presidente pro-tempore, tra i capi degli Stati facenti parte dell’Unione e non di un commissario, proveniente da casa sua.

Perchè un commissario straordinario?

Per quale ragione, dunque, a distanza di più di 15 anni l’Ente Parco dei Nebrodi, ammesso che abbia una qualche utilità e non debba rientrare tra gli Enti da sopprimere come quelli di cui sopra, non dovrebbe essere guidato da un presidente eletto tra i sindaci dei Comuni facenti parte dell'Ente stesso?

Burocrazia e germoplasma vegetale

Ma veramente i Comuni dei Nebrodi avrebbero bisogno di un burocrate regionale col compito di insediare il Cda della "banca" vivente del Germoplasma Vegetale? Un altro consorzio per “tutelare la flora dei Nebrodi”, istituito il 28 maggio 2008, tra l'Ente Parco dei Nebrodi ed il Dipartimento di Scienze Botaniche dell'ateneo di Palermo. Obiettivi: istituire all'interno delle strutture di Ucria e San Fratello un sistema di laboratori e apparecchiature tecniche e scientifiche per la conservazione, studio, ricerca e valorizzazione della diversità vegetale di interesse naturalistico”. Se almeno lo faranno....

Un commissario per Bit e grifoni

O per partecipare alla Bit di Milano, ormai riprovata da qualunque operatore turistico, tranne che per la ‘gita fuori porta’ che essa rappresenta, a carico dei contribuenti. O per ripopolare il mondo con due grifoni, cantare il sonno ai grifoncini ed intessere un penoso coro di melensi cinguettii mediatici? A quale costo? Per quali reali fini?
O per stampare un calendario? O per riempire di loghi autoreferenziali siti e tabelle di agenzie e Comuni? E l’ambientalismo ecumenico non storce il naso?
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Per una seria tutela dei Parchi c'è la Forestale

martedì 6 gennaio 2009 - Altro che gestire soldi in convegni, gite e calendari... La politica della tutela e della promozione ambientale ha necessità di roba seria ed il Corpo forestale dello Stato serio lo è: serio e rappresentativo! Come lo è il Corpo Forestale della Regione Siciliana, sorto nel 1972. Si tratta non di operatori intenti a dividere ma di agenti ed ufficiali "in divisa", operanti a tutela dell'ambiente, per la prevenzione e la repressione di reati specifici sanciti dalle normative comunitarie, nazionali o regionali”. Parimenti, il Corpo Forestale dello Stato, istituito nel 1822, “è una Forza di polizia a ordinamento civile, specializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, ambientale e agroalimentare. Concorre a garantire la sicurezza pubblica, con particolare riferimento alle aree rurali e montane: discariche incontrollate, sversamenti illegali, inquinamento delle falde acquifere, distruzione e deturpamento delle bellezze naturali, incendi ed abusivismo edilizio”. Tutto ciò può pure mettere paura a chi non avrebbe vantaggi dalla legalità. Così si ‘sversano’ fiumi di denaro in facezie, quando lo Stato, coi sigilli della Legge di riordino n. 36 del 6 febbraio 2004, ha già dedicato ampie risorse alla difesa dei boschi e del territorio, a salvaguardia delle risorse agroalimentari, del patrimonio faunistico e naturalistico nazionale. ”Il Corpo Forestale - infatti - è preposto alla sorveglianza dei Parchi e delle Aree naturali Protette e gestisce inoltre 130 Riserve Naturali dello Stato, dove svolge progetti di ricerca e conservazione oltre a portare avanti attività di educazione ambientale. Si occupa inoltre di polizia venatoria per reprimere il bracconaggio, di controllo sulla pesca nelle acque interne e di contrasto all'illecito smaltimento di rifiuti”.
Immagine: Corpo Forestale della Regione Siciliana
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"Le uniche opere dell'Ente Parco dei Nebrodi: recinzioni col filo spinato"

"Quella dei parchi siciliani è proprio una vergogna. Carrozzoni inutili creati al solo scopo di garantire posti di sottogoverno e di falso lavoro a politici trombati e ad amici degli amici. Pensa che ultimamente hanno ulteriormente ampliato la superficie dei parchi inserendo altri comuni che avevano fatto richiesta di farne parte. Perchè? Lo dico subito. Il consglio di amministrazione è formato da tutti i sindaci dei comuni che rientrano nel Parco.. chiaramente vengono indennizzati con laute ricompense. Pensa che ci sono comuni che fanno parte del parco mettendo a disposizione una superficie che a volte non supera i 10.000 mq. di terreno brullo (insignificante sotto ogni profilo e di nessun utilità per il Parco stesso. Lo capisci da te perchè viene difficile restringere i parchi. Vuoi togliere l’indennità al sindaco di turno? Una vergogna!!. La mia proposta? Fuori i sindaci dal Consiglio di Amministrazione e vedrai come le cose cambiano. Le uniche opere che ho visto realizzare (Parco dei Nebrodi) riguardano recinzioni fatte con filo spinato che solamente a vederle viene la pelle d’oca. Come se non bastassero quelle esistenti fatte dagli allevatori. Un labirinto di recinzioni e chiusure tutte col filo spinato. Ma non è fuori legge il filospinato? A questo punto mi viene il dubbio. Forza Ministro riappropiamoci della politica vera. Un atto di coraggio paga e fa stare bene con se stessi. Parco si ma nella giusta misura e proporzione… ad ognuno il suo. Ridateci una parte del maltolto". Elio il siciliano, on Ottobre 21st, 2008 at 11:07
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Novità turistiche a Randazzo città dei Parchi

6 genn 2009 - Il trekking & bike o semplicemente l’hiking, l’escursionismo come lo chiamano gli inglesi, è un settore turistico in forte espansione e ultimamente sembra che le località della Sicilia montana siano mete preferite dagli appassionati di queste discipline.
Randazzo è uno dei centri montani più gettonati dai turisti del tre&bike, sia per le sue bellezze architettoniche che per la posizione strategica al centro dei tre Parchi Nebrodi Etna e Alcantara. Per cui alcuni operatori turistici locali cercano di adeguare la loro offerta ed i loro servizi alle esigenze di questi turisti speciali. Infatti è qui che è stata creata una struttura ricettiva con caratteristiche specifiche a misura di cicloturisti e trekker, un vero bed and breakfast per il trekking & bike.
Questa struttura ricettiva, che si affianca alle classiche strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere presenti nella zona, si è attrezzata in maniera tale da ospitare oltre al turista classico anche quella fascia di amatori di cicloturismo di escursionismo semplice ed anche del trekking più avanzato, offendo servizi su misura con guide esperte di Trekking e di mountain bike, locali arredati per il deposito delle bici, cartine mappe ed itinerari con road book testati personalmente dalle loro guide.
Chi cerca un posto simile o volesse provare nuove esperienze escursionistiche può tranquillamente affidarsi a questa struttura che con l’esperienza dei suoi gestori e la capacità delle sue guide potrà soddisfare ogni esigenza.
Il posto si chiamo Ai Tre Parchi bed and bike & trekking, e vi aspetta con le sue bellissime camere arredate con gusto, con i suoi ambienti comuni, dove vivere momenti di assoluto relax e fare anche briefing organizzativi per programmare e discutere le escursioni giornaliere. La struttura dispone anche di una piccola officina per la manutenzione delle biciclette e di locali attrezzati per la custodia ed il ricovero al chiuso delle bici e di tutte le attrezzature per il trekking. Qui gli ospiti, possono godere anche di specifiche e rinforzate colazioni per gli escursionisti nonché della preparazione dei pranzi a sacco da portare nelle escursioni.
Ai Tre Parchi bed and bike & trekking lo trovate a Randazzo (CT) Sicilia Via Tagliamento 47, tel.095 799 16 31 cell.329 89 70 901 Sito internet: http://www.aitreparchibb.it/

Ai Tre Parchi bed and bike
Soggiorni Tra Natura Cultura Avventura
http://www.aitreparchibb.it
tel.: 095 799 16 31
mobile: 329 89 70 901

SERVIZI:
Escursioni guidate (bici o trekking)
Servizio navetta (da e per aeroporti o stazioni)
Tour in bici organizzati
Tour di trekking organizzati
Noleggio biciclette (mtb o city bike)
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Caterina Maria di Tindari: un grande soprano dei Nebrodi

5 genn 2009 - Caterina Maria di Tindari, norme d'arte di Caterina Bevacqua, è fiorentina di nascita di padre oricense. Caterina Maria Bevacqua, questo è il nome completo, dopo gli studi classici ed un’appropriata formazione musicale, si è iscritta all’Università degli Studi di Firenze dove ha conseguito la Laurea in Lettere e Filosofia col massimo dei voti e la lode, con una tesi storico-musicale sul primo oratorio di G.B. Pergolesi. Ha completato la formazione musicale diplomandosi in Canto e Musica Vocale da Camera rispettivamente presso il Conservatorio “Corelli” di Messina e presso il Conservatorio “Cherubini” di Firenze. Svolge attività concertistica in Italia ed all’estero in qualità di solista. Di recente, con l'Orchestra da Camera Fiorentina ha aperto le celebrazioni della Festa della Toscana 2008 con un concerto dedicato a tutti i caduti sul lavoro. Sul palco del Teatro Politeama Pratese la soprano Caterina Maria di Tindari, l’Orchestra da Camera Fiorentina diretta dal Maestro Giuseppe Lanzetta ed il coro Harmonia Cantata diretto da Elisabetta Sepe, hanno chiuso con il Requiem di Mozart la giornata inaugurale per le celebrazioni della Festa della Toscana 2008.
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Patti: omaggio a Michele Mancuso e ai ricordi

Patti, 5 gennaio 2009 - Il prof. Michele Angelo Mancuso è morto a Patti, dov’era nato, lo scorso 2 dicembre 2008, dopo avere vissuto a Gioiosa Marea per lunghi anni ed insegnato materie letterarie negli istituti superiori pattesi. Dopo la morte del figlio Michele Mario, avvenuta in seguito ad un incidente di moto lungo la SS 113 che da S. Giorgio porta a Gioiosa Marea, il 23 maggio 1972, il prof. Michele Angelo si era laureato in architettura: aveva fatto ciò che si accingeva a fare in figlio. La morte di Mecheluccio era stata straziante. Un incidente di moto gli aveva fermato il respiro per sempre in ospedale, la mattina del 23 maggio ’72, alle 8,30, nella stanza n. 13 dell’ospedale di Patti. Micheluccio aveva 17 anni, 9 mesi e 7 giorni. Da lì ripartiva la vita, così ammaccata, del prof. Michele Angelo che dopo avere tenuto la presidenza della Pro Loco di Gioiosa Marea ed avviato grandi manifestazioni, quale “L’Estate Mare”, si iscriveva ad architettura e si laureava, svolgendo la libera professione. Michele Angelo Mancuso era stato un giovane ‘prodigio’, versatile e curioso, oltrechè colto. Aveva vinto il concorso a cattedra per merito distinto ed insegnava già da giovanissimo. E poi le collaborazioni giornalistiche, le opere teatrali, la musica e il folklore. Dal saggio ‘Contenuto e forma’ al racconto ‘Sonata per chitarra e lampione’ (1995), Michele Mancuso aveva riempito la sua vita di multiformi interessi ed attività rappresentando per Gioiosa, Patti e Ficarra, dov’era pure presidente del Centro Studi Folk e del gruppo ‘I Nebrodi’, un punto di riferimento culturale e professionale, oltrechè umano. Memoria storica e guida di più generazioni. Domenica 4 gennaio, in occasione della temporanea riapertura del Caffè Galante, "luogo a lui molto caro", sono stati rievocati i ricordi della sua giovinezza e del suo operato", come documenta il video pubblicato da http://www.mogulus.com/infopatti40xpatti.
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Valle del Mela: 'L’Anno che…verrà'

3 genn. 2009 - Cosa accadrà nel nuovo anno? La Befana a chi porterà il carbone ed a chi i dolcetti ? Noi della T.A.T. riteniamo che il 2009 dovrà essere utile per imbastire linee strategiche per lo sviluppo socio-economico della Valle del Mela. Ci piacerebbe, per una volta, sostituirci alla Befana. Distribuire tanto carbone ed invece questa volta ci limitiamo a desiderare il vero cambiamento affinché i temi critici e caldi trovino la soluzione.

I punti caldi e critici sono :

a- Centrale di compressione Gas a Monforte Marina, l’attuale silenzio non significa desistenza, siamo certi che il proposito di chi vuole questa infrastruttura tecnologica è vivo, ma il contrasto sarà piuttosto duro, noi siamo per un deciso NO!! Siamo convinti che il management politico regionale, provinciale e dello stesso Comune permetteranno la esecuzione dell’opera, ma noi faremo di tutto per inchiodarli alle loro responsabilità;
b- L’HMU3, l’impianto per la produzione di idrogeno della Raffineria di Milazzo inizierà i lavori ad aprile del 2009, altra opera utile solo chi produce e non al territorio della Valle del Mela;
c- Il nuovo Elettrodotto Terna da 380 KV che attraversa comuni e coltivazioni, anche di tipo pregiato, con procedura poco trasparente o se preferite con procedura costruita per favorire la realizzazione senza alcun rispetto del patrimonio storico e paesaggistico;
d- Il potenziamento della Centrale termoelettrica Edipower di S. Filippo del Mela, a fonte di modeste opere di mitigazione delle emissioni in atmosfera;
e- Il degrado fisico ed ambientale del territorio della Valle del Mela, aggravato da un piano industriale disordinato quale quello dell’A.S.I., che non ha mai funzionato;
f- La grave presenza di malattie degenerative e croniche respiratorie;
g- L’inesistente sviluppo socio-economico;
h- La grave assenza di una vera strategia dello sviluppo.

Tutto questo è sotto gli occhi di tutti e non una nostra valutazione, purtroppo è la triste realtà. Bisognerebbe altresì individuare i “fannulloni” e/o i “furbacchioni”, volendola pensare alla stessa maniera del noto Ministro Brunetta, che ancor meglio precisa : “ Noi Italiani siamo quelli che, in Europa, crescono di meno. Perdiamo competitività e questo si deve ad arretratezze strutturali, fra le quali una pubblica amministrazione costosa ed inefficiente. ….. La fannullonicrazia è nemica di tutti e buona solo per chi ne approfitta.”
In Sicilia, oltre a quanto il Ministro Brunetta combatte, vi è una burocrazia creata e modellata per realizzare opere utili solo agli speculatori: proprio un coacervo di furbizia che sembra sfuggire alle più semplici logiche della efficienza economica e dello sviluppo sostenibile.
Purtroppo le linee di azione del Ministro Brunetta sono a nostro avviso limitate, non siamo d’accordo al rinvio della entrata in vigore della normativa sulla Class Action ne alla impostazione operativa della stessa, come a dire “si può agire purché la azione collettiva non danneggi il soggetto responsabile” – Non capiamo il senso di tanta prudenza. L’etica non può essere mitigata.
In Sicilia la normativa Urbanistica non è evoluta per rappresentare una precisa garanzia di sviluppo ordinato, ogni atto può essere preordinato per consentire privilegi a chi nel modo convenuto li ha invocati. A prova di ciò è sufficiente valutare il disordinato sviluppo dei nostri agglomerati urbani sospinto dalla speculazione edilizia e dal profondo nichilismo utilitaristico.
Orbene, se la Magistratura ci volesse mettere il naso, capita che il reato non viene riscontrato, poiché la legge o la normativa, non essendoci non è stata violata, ma sono stati violati i diritti dei cittadini, il diritto Costituzionale al lavoro, alla salute, allo sviluppo sostenibile, ai servizi.
Lo Stato in questa terra mostra tutti i suoi limiti, la questione meridionale è una questione intellettuale, etica e morale.
Bisognerebbe trasformare questa inefficiente borghesia per liberalizzare i diritti, la vera democrazia.
Ogni sforzo riformista viene vanificato, speravamo tanto nel Federalismo, ma se sarà annacquato sarà una ulteriore inutile riforma.
I bisogni sono tanti e gravi, il sistema occupazionale mortificato dall’eccessivo assistenzialismo, i comuni come prima forma di governo che il cittadino incontra, sono ampiamente disorganizzati e grava il sospetto che ciò sia voluto; Quindi del meridionale che migra per cercare lavoro o democrazia, verso una vita più dignitosa, lasciando che i gretti speculatori saccheggino persino i loro ricordi, nessuno ne parla.

La descrizione dell’infernale condizione della Valle del Mela o dei Veleni, e penso del meridione in genere, ormai è nota, eppure quando Vittorio Sgarbi incitava il vulcano a distruggere ciò che gli speculatori avevano distrutto, tutti hanno gridato allo scandalo, ma nessuno ha pensato al turbamento del personaggio, nel vedere la bellezza della nostra terra saccheggiata, vilipesa ed offesa.

Basta piangersi addosso, scrolliamoci della inefficienza e misuriamoci in ciò che vogliamo.
Stimatissimo Ministro Brunetta, se nell’amministrazione pubblica ci sono parecchi fannulloni, nel managment politico ci sono parecchi furbacchioni, dall’attuale Governo ci si aspetta parecchio, non solo ridurre i fannulloni e migliorare la efficienza della macchina amministrativa, ma snidare i furbacchioni, quelli che utilizzano le risorse pubbliche per accrescere il consenso elettorale, quelli che concertano forme di sviluppo in spregio alla sussidiarietà e sostenibilità, quelli che danno coperture per lo sperpero.
Nella Valle del Mela, accadono cose piuttosto strane, un inefficiente polo industriale, ubicato in una fascia costiera bellissima, genera da sempre degrado fisico del territorio e dell’ambiente, genera gravi patologie per la salute, non genera economia di base, i profitti di tali aziende risiedono altrove, le strutture ospedaliere sono incapaci a contrastare le malattie degenerative, e si commenta tale realtà con “scelta sbagliate del passato”.

Ci chiediamo:

Perché si continua a potenziare tali scelte ?
Perché nelle Valutazioni di Impatto Ambientale, le compensazioni ambientali sono inesistenti ? Perché si fa passare tutto questo come scelte strategiche ?

Noi abbiamo una visione diversa dello sviluppo economico ordinato e sostenibile.
Mi pare che tale realtà non giovi alla crescita sociale, la gente non capisce perché si debba pagare con la propria salute una particolare forma di sviluppo, non capisce perchè certi finanziamenti giungono alle aziende che inquinano e non a sostenere una vera politica del risanamento, non capisce perché per circa mille addetti a queste industrie ottantamila cittadini debbono rinunciare ad altre forme di sviluppo e vivere in gravi condizioni di rischio.
Non capisce perché taluni amministratori si prodigano nel sostenere gli interessi degli speculatori e noi dei cittadini stessi.

Non siamo avversi allo sviluppo industriale, lo siamo quando questo avviene nei modi e nelle forme fin qui adottate.

In questo 2009, riproponiamo le forme di compensazione necessarie per innescare una politica del risanamento, del riequilibrio, ed a quelle forme di sviluppo nel rispetto della sostenibilità.

Noi riteniamo che le responsabilità siano diffuse fra chi inquina e degrada, e chi lo permette, in questo caso le istituzioni.
Il degrado fisico ha consentito il minor valore dal patrimonio privato, impedito altre forme di sviluppo economico come il turismo, ha fortemente inciso sulla salute pubblica-

La industria principale che produce idrocarburi, ospita un impianto pericolosissimo “LC Finning“, ed oggi, grazie a particolarissime procedure, è riuscita ad ottenere l’autorizzazione per realizzare un nuovo impianto denominato HMU3, per la produzione di idrogeno, necessario per lavorare il greggio ad alto contenuto di zolfo proveniente probabilmente dalla Libia. Qui si avvera la strategia, l’idrogeno viene ottenuto con sistema Shift dal metano, il metano viene fornito dalla Rete gas Snam, che a sua volta ha in atto, la realizzazione della centrale di compressione gas nel contestatissimo sito a Monforte Marina ai limiti di zone delimitate ma facilmente manipolabili.
Nello stesso tempo la Edipower, che produce energia elettrica con impianti ad olio, potenzia i suoi impianti a 1600 Mgwatt, e la Soc Terna Spa, progetta il nuovo elettrodotto Terna da 380 KV ed attiva procedura autorizzativa molto discussa . Nella impostazione strategica non citiamo altre iniziative soppresse come l’aeroporto del Mela, il polo nautico etc.
Quindi una gestione strategica degli interventi in un habitat favorevole, senza alcuna contropartita utile per le problematiche ambientali, le conseguenze di tali scellerate scelte, chi li pagherà se non lo Stato.
La Edipower è riuscita ad ottenere la certificazione EMAS, cosa sorprendente, ma in Sicilia questo può accadere, mentre le centraline da essa acquistate per il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico, sono state consegnate alla Provincia di Messina ma non vengono attivate. L’Arpa è totalmente assente, il Comune di S. Filippo del Mela che ospita la Centrale termoelettrica entra in Agenda 21, il Comune di Milazzo accoglie con entusiasmo la legge contro le puzze.
L’A.S.I. cerca di aggiornare il suo piano per adeguarsi ai nuovi impianti.
Questa è la situazione di sintesi tecnica e non tecnica della Valle del Mela, ed i comuni che ne fanno parte soccombono al ricatto occupazionale.
Non si capisce perché l’Ass.re Regionale del Friuli si permette di intimare alle industrie che inquinano di non farlo, pena la chiusura della attività mentre quello della Regione Sicilia è silente.

Lo scrittore Romano Battaglia, scrive che “il silenzio è uno spazio necessario per trovare la propria identità …. La nostra vita scorre in mezzo al chiasso, tra fiumi di parole spesso inutili che servono solo a coprire le nostre incertezze… su questa nostra età tanto progredita tecnologicamente e tanto umanamente regredita “ .
Ma non crediamo a tanta prospezione interiore, il silenzio forse è strategico, ed in Sicilia è pieno di significati.
Per l’anno che verrà, rivendichiamo il riconoscimento dei diritti ed

il Principio dello sviluppo sostenibile :

1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future.
2. Anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.
3. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro. 4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane.

I Principi di sussidiarietà e di leale collaborazione
Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell'azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell'entità dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati. Il principio di sussidiarietà opera anche nei rapporti tra Regioni ed enti locali minori.

Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativi:
1. In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell'ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale.

Il concetto del danno ambientale

da applicarsi a qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima. Ai sensi della direttiva 2004/35/Ce costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie.

L’Attuazione del principio di precauzione

In applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo 174, paragrafo 2, del Trattato Ce, in caso di pericoli, anche solo potenziali( mediante analisi o valutazione scientifica obiettiva), per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione. Il fatto è che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, in applicazione del principio di precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell'articolo 304 (non ci pare che tale principio abbia trovato riscontri nella valutazione di Impatto Ambientale delle iniziative sopra elencate)

Proposta essenziale per il riequilibrio ed il risanamento

1- contrastare il degrado ed il minor valore del patrimonio consentendo l’acquisto, nella Valle del Mela, dei prodotti energetici ( carburanti, energia elettrica, gas ) a prezzi agevolati ;
2- Assentire la realizzazione di nuovi impianti o l’ampliamento di quelli esistenti, solo se ad emissione zero, e non accrescano il degrado;
3- Stimolare la formazione di strumenti normativi per la valorizzazione paesistica e del patrimonio storico culturale;
4- Riqualificare la struttura sanitaria per renderla idonea alla emergenza delle patologie degenerative;
5- Rigenerare l’impianto normativo per lo sviluppo ordinato e sostenibile del territorio della Valle del Mela;

Milazzo lì 3 Gennaio 2009

Il Vice Presidente T.A.T.
Arch. Salvatore Crisafulli
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"Veni Creator Spiritus". Per una ecologia dell'uomo

E dell'uomo creato maschio e femmina. Nel discorso prenatalizio alla curia romana Benedetto XVI contesta l'ideologia del "gender". E spezza una lancia a difesa della più osteggiata delle encicliche, la "Humanae Vitae" di Sandro Magister
Roma, 24 dicembre 2008 – Augurando due giorni fa un felice Natale alla curia romana, Benedetto XVI si è rivolto in realtà all'intera Chiesa e al mondo. Come già negli anni precedenti, anche questa volta nel discorso prenatalizio egli ha volto mettere in evidenza alcune linee maestre del suo pontificato. Nel 2005 il fuoco del discorso fu l'interpretazione e l'attuazione del Concilio Vaticano II, così come il rapporto tra continuità e rinnovamento, nella Chiesa. Nel 2006 il papa pose al centro la questione su Dio. Inoltre, prendendo spunto dal suo viaggio a Istanbul, formulò nel modo più chiaro la sua visione del rapporto con l'islam, proponendo al mondo musulmano quel percorso già compiuto dal cristianesimo sotto la sfida dell'Illuminismo. Nel 2007 Benedetto XVI mise a fuoco l'urgenza per la Chiesa di porsi in stato di missione con tutti i popoli della terra. Quest'anno, prendendo spunto dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney e dal sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio, papa Joseph Ratzinger ha sviluppato una riflessione sullo Spirito Santo, la più "dimenticata" – aveva detto a Sydney – delle tre persone della divina trinità, eppure supremamente incidente sulla vita dell'uomo e del cosmo. L'intero discorso può essere letto nel sito web del Vaticano, man mano tradotto nelle diverse lingue, mentre qui di seguito ne è riportato il blocco più importante. In esso Benedetto XVI riflette dapprima sulla Giornata Mondiale della Gioventù, e poi sullo Spirito Santo. A proposito della Giornata Mondiale della Gioventù il papa rovescia il giudizio corrente – sostenuto anche da "voci cattoliche" – che riduce tali incontri a "una specie di festival rock modificato in senso ecclesiale con il papa quale star". No, dice. Il papa è "totalmente e solamente vicario" dell'unica presenza che conta, quella di Gesù crocifisso e risorto. Quanto allo Spirito Santo, Benedetto XVI insiste anzitutto sul suo essere "creatore". Il cosmo ne porta i segni in quanto "struttura matematica", ordinata, e per questo intelligibile alle moderne scienze della natura. Ma anche l'uomo ha in sé i segni dell'ordinamento del creato. Il suo essere uomo e donna "non è una metafisica superata" e il matrimonio è "sacramento della creazione". L'ideologia del "gender", che affida al singolo individuo l'arbitrio sul proprio sesso, in realtà finisce col distruggere invece che proteggere. È di una "ecologia dell'uomo" che si ha necessità, oltre che della natura. Il rispetto dell'ordine della creazione "non significa contraddizione della nostra libertà, ma la sua condizione". In forza di queste considerazioni, sul finire del capoverso dedicato allo Spirito creatore papa Ratzinger esalta con parole vibrate l'enciclica di Paolo VI "Humanae Vitae", perché difende "l'amore contro la sessualità come consumo, il futuro contro la pretesa esclusiva del presente e la natura dell'uomo contro la sua manipolazione" E con ciò respinge le contestazioni ultimamente rivolte contro questa enciclica da un cardinale di spicco, Carlo Maria Martini. Ecco dunque la parte maggiore del discorso letto dal papa il 22 dicembre 2008 alla curia romana riunita nella Sala Clementina:

"La fede nello Spirito creatore è un contenuto essenziale del Credo cristiano" di Benedetto XVI

[...] Della presenza della Parola di Dio, di Dio stesso nell'attuale ora della storia si è trattato [oltre che nel Sinodo] anche nei viaggi pastorali di quest'anno: il loro vero senso può essere solo quello di servire questa presenza. In tali occasioni la Chiesa si rende pubblicamente percepibile, con essa la fede, e perciò almeno la questione su Dio. Questo manifestarsi in pubblico della fede chiama in causa ormai tutti coloro che cercano di capire il tempo presente e le forze che operano in esso. Specialmente il fenomeno delle Giornate Mondiali della Gioventù diventa sempre più oggetto di analisi. [...] Analisi in voga tendono a considerare queste giornate come una variante della moderna cultura giovanile, come una specie di festival rock modificato in senso ecclesiale con il papa quale star. Con o senza la fede, questi festival sarebbero in fondo sempre la stessa cosa, e così si pensa di poter rimuovere la questione su Dio. Ci sono anche voci cattoliche che vanno in questa direzione valutando tutto ciò come un grande spettacolo, anche bello, ma di poco significato per la questione sulla fede e sulla presenza del Vangelo nel nostro tempo. Sarebbero momenti di una festosa estasi, che però in fin dei conti lascerebbero poi tutto come prima, senza influire in modo più profondo sulla vita. Con ciò, tuttavia, la peculiarità di quelle giornate e il carattere particolare della loro gioia, della loro forza creatrice di comunione, non trovano alcuna spiegazione. Anzitutto è importante tener conto del fatto che le Giornate Mondiali della Gioventù non consistono soltanto in quell'unica settimana in cui si rendono pubblicamente visibili al mondo. C'è un lungo cammino esteriore ed interiore che conduce ad esse. La croce, accompagnata dall'immagine della Madre del Signore, fa un pellegrinaggio attraverso i paesi. La fede, a modo suo, ha bisogno del vedere e del toccare. L'incontro con la croce, che viene toccata e portata, diventa un incontro interiore con Colui che sulla croce è morto per noi. L'incontro con la croce suscita nell'intimo dei giovani la memoria di quel Dio che ha voluto farsi uomo e soffrire con noi. E vediamo la donna che Egli ci ha dato come Madre. Le Giornate solenni sono soltanto il culmine di un lungo cammino, col quale si va incontro gli uni agli altri e insieme si va incontro a Cristo. In Australia non per caso la lunga Via Crucis attraverso la città è diventata l'evento culminante di quelle giornate. Essa riassumeva ancora una volta tutto ciò che era accaduto negli anni precedenti ed indicava Colui che riunisce insieme tutti noi: quel Dio che ci ama sino alla Croce. Così anche il papa non è la star intorno alla quale gira il tutto. Egli è totalmente e solamente vicario. Rimanda all'Altro che sta in mezzo a noi. Infine la liturgia solenne è il centro dell'insieme, perché in essa avviene ciò che noi non possiamo realizzare e di cui, tuttavia, siamo sempre in attesa. Lui è presente. Lui entra in mezzo a noi. È squarciato il cielo e questo rende luminosa la terra. È questo che rende lieta e aperta la vita e unisce gli uni con gli altri in una gioia che non è paragonabile con l'estasi di un festival rock. Friedrich Nietzsche ha detto una volta: "L'abilità non sta nell'organizzare una festa, ma nel trovare le persone capaci di trarne gioia". Secondo la Scrittura, la gioia è frutto della Spirito Santo (Galati 5, 22): questo frutto era abbondantemente percepibile nei giorni di Sydney. Come un lungo cammino precede le Giornate Mondiali della Gioventù, così ne deriva anche il camminare successivo. Si formano delle amicizie che incoraggiano ad uno stile di vita diverso e lo sostengono dal di dentro. Le grandi Giornate hanno, non da ultimo, lo scopo di suscitare tali amicizie e di far sorgere in questo modo nel mondo luoghi di vita nella fede, che sono insieme luoghi di speranza e di carità vissuta. La gioia come frutto dello Spirito Santo: e così siamo giunti al tema centrale di Sydney che, appunto, era lo Spirito Santo. In questa retrospettiva vorrei accennare in maniera riassuntiva all'orientamento implicito in tale tema. Tenendo presente la testimonianza della Scrittura e della Tradizione, si riconoscono facilmente quattro dimensioni del tema "Spirito Santo". 1. C'è innanzitutto l'affermazione che ci viene incontro dall'inizio del racconto della creazione: vi si parla dello Spirito creatore che aleggia sulle acque, crea il mondo e continuamente lo rinnova. La fede nello Spirito creatore è un contenuto essenziale del Credo cristiano. Il dato che la materia porta in sé una struttura matematica, è piena di spirito, è il fondamento sul quale poggiano le moderne scienze della natura. Solo perché la materia è strutturata in modo intelligente il nostro spirito è in grado di interpretarla e di attivamente rimodellarla. Il fatto che questa struttura intelligente proviene dallo stesso Spirito creatore che ha donato lo spirito anche a noi, comporta insieme un compito e una responsabilità. Nella fede circa la creazione sta il fondamento ultimo della nostra responsabilità verso la terra. Essa non è semplicemente nostra proprietà che possiamo sfruttare secondo i nostri interessi e desideri. È piuttosto dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci e con ciò ci ha dato i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione. Il fatto che la terra, il cosmo, rispecchino lo Spirito creatore, significa pure che le loro strutture razionali che, al di là dell'ordine matematico, nell'esperimento diventano quasi palpabili, portano in sé anche un orientamento etico. Lo Spirito che li ha plasmati è più che matematica: è il Bene in persona che, mediante il linguaggio della creazione, ci indica la strada della vita retta. Poiché la fede nel Creatore è una parte essenziale del Credo cristiano, la Chiesa non può e non deve limitarsi a trasmettere ai suoi fedeli soltanto il messaggio della salvezza. Essa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l'acqua e l'aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere anche l'uomo contro la distruzione di se stesso. È necessario che ci sia qualcosa come una ecologia dell'uomo, intesa nel senso giusto. Non è una metafisica superata se la Chiesa parla della natura dell'essere umano come uomo e donna e chiede che quest'ordine della creazione venga rispettato. Qui si tratta di fatto della fede nel Creatore e dell'ascolto del linguaggio della creazione, il cui disprezzo sarebbe un'autodistruzione dell'uomo e quindi una distruzione dell'opera stessa di Dio. Ciò che spesso viene espresso ed inteso con il termine "gender", si risolve in definitiva nella autoemancipazione dell'uomo dal creato e dal Creatore. L'uomo vuole farsi da solo e disporre sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda. Ma in questo modo vive contro la verità, vive contro lo Spirito creatore. Le foreste tropicali meritano, sì, la nostra protezione, ma non la merita meno l'uomo come creatura, nella quale è iscritto un messaggio che non significa contraddizione della nostra libertà, ma la sua condizione. Grandi teologi della Scolastica hanno qualificato il matrimonio, cioè il legame per tutta la vita tra uomo e donna, come sacramento della creazione, che lo stesso Creatore ha istituito e che Cristo – senza modificare il messaggio della creazione – ha poi accolto nella storia della sua alleanza con gli uomini. Fa parte dell'annuncio che la Chiesa deve recare la testimonianza in favore dello Spirito creatore presente nella natura nel suo insieme e in special modo nella natura dell'uomo, creato ad immagine di Dio. Partendo da questa prospettiva occorrerebbe rileggere l'enciclica "Humanae vitae": l'intenzione di papa Paolo VI era di difendere l'amore contro la sessualità come consumo, il futuro contro la pretesa esclusiva del presente e la natura dell'uomo contro la sua manipolazione. 2. Solo qualche ulteriore breve accenno circa le altre dimensioni della pneumatologia. Se lo Spirito creatore si manifesta innanzitutto nella grandezza silenziosa dell'universo, nella sua struttura intelligente, la fede, oltre a ciò, ci dice la cosa inaspettata, che cioè questo Spirito parla, per così dire, anche con parole umane, è entrato nella storia e, come forza che plasma la storia, è anche uno Spirito parlante, anzi, è Parola che negli Scritti dell'Antico e del Nuovo Testamento ci viene incontro. Che cosa questo significhi per noi, l'ha espresso meravigliosamente sant'Ambrogio in una sua lettera: "Anche ora, mentre leggo le divine Scritture, Dio passeggia nel Paradiso" (Ep. 49, 3). Leggendo la Scrittura, noi possiamo anche oggi quasi vagare nel giardino del Paradiso ed incontrare Dio che lì passeggia: tra il tema della Giornata Mondiale della Gioventù in Australia e il tema del Sinodo dei Vescovi esiste una profonda connessione interiore. I due temi "Spirito Santo" e "Parola di Dio" vanno insieme. Leggendo la Scrittura apprendiamo però anche che Cristo e lo Spirito Santo sono inseparabili tra loro. Se Paolo con sconcertante sintesi afferma: "Il Signore è lo Spirito" (2 Corinzi 3, 17), appare non solo, nello sfondo, l'unità trinitaria tra il Figlio e lo Spirito Santo, ma soprattutto la loro unità riguardo alla storia della salvezza: nella passione e risurrezione di Cristo vengono strappati i veli del senso meramente letterale e si rende visibile la presenza del Dio che sta parlando. Leggendo la Scrittura insieme con Cristo, impariamo a sentire nelle parole umane la voce dello Spirito Santo e scopriamo l'unità della Bibbia. 3. Con ciò siamo ormai giunti alla terza dimensione della pneumatologia che consiste, appunto, nella inseparabilità di Cristo e dello Spirito Santo. Nella maniera forse più bella essa si manifesta nel racconto di san Giovanni circa la prima apparizione del Risorto davanti ai discepoli: il Signore alita sui discepoli e dona loro in questo modo lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è il soffio di Cristo. E come il soffio di Dio nel mattino della creazione aveva trasformato la polvere del suolo nell'uomo vivente, così il soffio di Cristo ci accoglie nella comunione ontologica con il Figlio, ci rende nuova creazione. Per questo è lo Spirito Santo che ci fa dire insieme col Figlio: "Abba, Padre!" (Giovanni 20, 22; Romani 8, 15). 4. Così, come quarta dimensione, emerge spontaneamente la connessione tra Spirito e Chiesa. Paolo, in Prima Corinzi 12 e in Romani 12, ha illustrato la Chiesa come Corpo di Cristo e proprio così come organismo dello Spirito Santo, in cui i doni dello Spirito Santo fondono i singoli in un tutt'uno vivente. Lo Spirito Santo è lo Spirito del Corpo di Cristo. Nell'insieme di questo Corpo troviamo il nostro compito, viviamo gli uni per gli altri e gli uni in dipendenza dagli altri, vivendo in profondità di Colui che ha vissuto e sofferto per tutti noi e che mediante il suo Spirito ci attrae a sé nell'unità di tutti i figli di Dio. "Vuoi anche tu vivere dello Spirito di Cristo? Allora sii nel Corpo di Cristo", dice Agostino a questo proposito (Tract. in Jo. 26, 13). Così con il tema "Spirito Santo", che orientava le giornate in Australia e, in modo più nascosto, anche le settimane del Sinodo, si rende visibile tutta l'ampiezza della fede cristiana, un'ampiezza che dalla responsabilità per il creato e per l'esistenza dell'uomo in sintonia con la creazione conduce, attraverso i temi della Scrittura e della storia della salvezza, fino a Cristo e da lì alla comunità vivente della Chiesa, nei suoi ordini e responsabilità come anche nella sua vastità e libertà, che si esprime tanto nella molteplicità dei carismi quanto nell'immagine pentecostale della moltitudine delle lingue e delle culture. Parte integrante della festa è la gioia. La festa si può organizzare, la gioia no. Essa può soltanto essere offerta in dono; e, di fatto, ci è stata donata in abbondanza: per questo siamo riconoscenti. Come Paolo qualifica la gioia frutto dello Spirito Santo, così anche Giovanni nel suo Vangelo ha connesso strettamente lo Spirito e la gioia. Lo Spirito Santo ci dona la gioia. Ed Egli è la gioia. La gioia è il dono nel quale tutti gli altri doni sono riassunti. Essa è l'espressione della felicità, dell'essere in armonia con se stessi, ciò che può derivare solo dall'essere in armonia con Dio e con la sua creazione. Fa parte della natura della gioia l'irradiarsi, il doversi comunicare. Lo spirito missionario della Chiesa non è altro che l'impulso di comunicare la gioia che ci è stata donata. Che essa sia sempre viva in noi e quindi s'irradi sul mondo nelle sue tribolazioni: tale è il mio auspicio alla fine di quest'anno. Insieme con un vivo ringraziamento per tutto il vostro faticare ed operare, auguro a tutti voi che questa gioia derivante da Dio ci venga donata abbondantemente anche nell'anno nuovo. [...]
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Il testo integrale del discorso di Benedetto XVI del 22 dicembre 2008 alla curia romana, nel sito del Vaticano:
> "Signori cardinali..."
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I discorsi prenatalizi dei tre anni precedenti, riprodotti e analizzati in http://www.chiesa/:
> Sorpresa: il papa porta la curia in Brasile (24.12.2007)
> Bilancio di quattro viaggi. E di un anno di pontificato (27.12.2006)
> Papa Ratzinger certifica il Concilio. Quello vero (23.12.2005)
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Il discorso del papa nella veglia del 19 luglio 2008 a Sydney, con la catechesi sullo Spirito Santo, "la Persona dimenticata della Santissima Trinità":
> "Carissimi giovani..."
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Circa la critica fatta contro l'enciclica "Humanae Vitae" dal cardinale Carlo Maria Martini nel suo libro "Conversazioni notturne a Gerusalemme":
> Il Gesù del cardinale Martini non avrebbe mai scritto la "Humanae Vitae" (3.11.2008)
E per una analisi più generale dello stesso libro:
> Dio non è cattolico, parola di cardinale (12.11.2008)
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Per altre notizie e commenti vedi il blog SETTIMO CIELO che Sandro Magister cura per i lettori italiani. Ultimi titoli: A Venezia e Shanghai due presepi che non offendono gli infedeli Buon Natale in rito ambrosiano. Anche agli ariani di ieri e di oggi "Humanae Vitae". Ratzinger chiarissimo, Martini un po' meno
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Mafia: Oliviero Toscani ne fa un 'marchio di fabbrica'

SICILIA: TOSCANI REGISTRA IL MARCHIO 'MAFIA' MA I FAMILIARI DELE VITTIME DELLA MAFIA PROTESTANO. A SGARBI: " NON TUTTO PUO' DIVENTARE MARKETING".
(ASCA) - Palermo, 2 gen - ''Siamo francamente infastiditi dall'essere costretti a commentare in ogni occasione le iniziative della giunta comunale del Sindaco Sgarbi ma non possiamo sorvolare o tacere innanzi all'ennesima iniziativa certamente offensiva di uno dei suoi assessori''. Con queste parole i membri dell'Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, per voce del presidente Sonia Alfano, hanno commentato l'iniziativa del fotografo Oliviero Toscani, assessore della giunta Sgarbi del comune di Salemi (Tp), di registrare il marchio 'M.A.F.I.A.'. ''Ci chiediamo - proseguono i familiari delle vittime - quali nuove mosse pubblicitarie la giunta Sgarbi e' pronta a mettere in atto utilizzando un 'marchio' che piu' che registrato andrebbe combattuto e cancellato. Cio' che piu' desta stupore e' che concetti all'apparenza semplici ed alla portata di tutti non lo siano per alcuni membri della giunta Sgarbi. Il termine 'mafia' racchiude in se' il sangue dei nostri cari ed e' l'essenza di tutte le aberrazioni di questa nazione.Ci chiediamo dunque come sia possibile anche solo pensare di registrarlo a scopi commerciali''.''Ci fa specie - aggiunge Sonia Alfano - che un artista del calibro di Oliviero Toscani non possegga la sensibilita' per comprendere che la mafia non e' un marchio per commercializzare prodotti, sponsorizzare iniziative o per mettere in atto campagne pubblicitarie ma un termine che trascina con se' un infinita dose di dolore e sofferenza e crediamo sia il caso, per rispetto nei confronti di chi a causa di quel 'marchio' ha perso la propria famiglia e di tutti gli italiani onesti il cui sangue e' stato sparso da quell'organizzazione criminale, che ci si fermi a riflettere sul fatto che dietro quel termine esista sangue e dolore.Voglia comprendere la giunta Sgarbi che esistono principi che sarebbe il caso di considerare inviolabili e che non tutto puo' essere trasformato in spettacolo, marketing e pubblicita'. Non comprendiamo il motivo per cui si sia deciso in questo momento di farsi beffe del nostro dolore, di quello dei siciliani e di tutti gli italiani''.''Chiediamo con forza - continua la nota dei familiari delle vittime di mafia - che le cariche istituzionali di questa nazione si esprimano a difesa degli Eroi di Stato per evitare che loro ed i loro assassini vengano trasformati in un siparietto pubblicitario''.I componenti dell'Associazione, sulla questione, hanno inoltre interpellato il Capo dello Stato, chiedendo che si faccia difensore degli Eroi di Stato e per ''capire, tramite le Sue parole, se in questo paese sia possibile fare spettacolo con il sangue dei nostri familiari ed i loro assassini''.''Vorremmo inoltre conoscere - affermano ancora i familiari per voce del presidente Sonia Alfano - l'opinione degli esponenti politici che sull'antimafia hanno fondato la propria carriera poiche' tacere e' un offesa nei nostri confronti ed il silenzio e' un atto di odiosa approvazione e complicita'. Ad Oliviero Toscani ed alla giunta Sgarbi esprimiamo ancora una volta tutta la nostra amarezza ricordando loro che non tutto puo' essere trasformato in pubblicita' e marketing''.dod/mcc/lv (Asca)
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L'on. Natoli al Corriere: omissioni ed opere....

Al Direttore del Corriere della Sera
dott. Mieli e al dott. Sergio Romano


Egregio Direttore,
il 28 Dicembre 2008 il dottor Sergio Romano risponde alla lettera di un lettore del Corriere che chiedeva di saperne di più sulla rivolta del sette e mezzo di Palermo del 18-22 settembre 1866.
Come siciliano ho trovato questa risposta sconvolgente ed irritante!
È vero che la rivolta è chiamata “acefala” per la mancanza di un capo e che iniziò al grido:
Viva la Repubblica;
Viva Santa Rosalia;
Viva Francesco II.
Romano non fa mancare, tra i motori della rivolta, “la Mafia” e, come violenza, i saccheggi.
La testimonianza del Console francese dell’epoca a Palermo parla dei rivoluzionari, che “non torsero un capello a nessuno” e non “torsero né esercitarono alcuna violenza sui prigionieri presi ed appartenenti allo Stato Regio Italiano e ne’ si abbandonarono ad alcun saccheggio”.
Non trovo alcun accenno al generale Giovanni Corrao ucciso mentre ritornava sul calesse a casa sua nel suo podere dopo aver disapprovato, con tanti altri, il saluto al Re D’Italia di Giuseppe Garibaldi a Teano.
Come fa Sergio Romano ad ignorare quel che avvenne in Sicilia negli anni che vanno dopo il 1860 e sino al 1866?
Non c’è un rigo su quei tragici avvenimenti!
Non c’è un rigo sulla fondazione nel 1862 del partito d’azione ad opera dei Mazziniani, Garibaldini delusi ed il cui capo, Badia – Schirò, venne arrestato pochi mesi prima della rivolta del sette e mezzo e che Salvatore Miceli,durante la rivolta, tentò, con i suoi uomini, di liberare assaltando la Vicaria!
Considerato lo spessore culturale dell’ambasciatore Romano, mi sono chiesto se si trattasse di errori o di omissioni!
I fatti delittuosi avvenuti in Sicilia prima del sette e mezzo e dopo, trovano ingresso a Torino nel Parlamento nazionale, riunito al palazzo Carignano con il discorso del siciliano giurista e garibaldino, Onorevole Vito Dondes Reggio, il 5 dicembre 1863.
In questa seduta egli denunziava quelli che oggi avremmo chiamato crimini contro l’umanità, ad opera del generale Govone, del generale Cadorna e del generale Cialdini nei paesi di Camalduni e Monterotondo in nome del re d’Italia Padre della Patria. L’omissione prende sempre più corpo!
Non volendo emulare l’ambasciatore Romano nelle omissioni tra le tante e tante rivolte avvenute in quel quinquennio in Sicilia, voglio solo ricordare la rivolta dei “Cutrari “ ove a seguito della cattura nelle loro abitazioni del commissario di leva Bartolomeo Asaro e del comandante della guardia nazionale Boruso gli stessi vennero uccisi.
La repressione reggia si completò nella mattinata seguente al fatto in contrada Villa Falconeria ove, dopo il rastrellamento dell’esercito Reggio, si passò alla fucilazione di tutti i rastrellati e tra essi di Maria Crociata, una donna cieca di trenta anni, del sacerdote Benedetto Palermo di quarantasei anni , della contadina Angela Catalano di cinquanta anni e dei vecchi Angela Catania ed Antonio Caronia di settanta anni.
Nelle scuole del regno ed anche in quelle della Repubblica sul “glorioso Risorgimento italiano” sono state insegnate ai nostri giovani ignari una serie di falsità ed abbondanti menzogne: dallo sbarco dei Mille a Marsala ove non c’era nessuno ad accogliere Garibaldi, all’ingresso trionfale del Garibaldi in carrozza a Napoli in mezzo alla folla festante ma, tacendo, che nella carrozza al suo fianco, vi stava seduto,accanto all’eroe dei due mondi, Salvatore De Crescenzo, capo indiscusso della Camorra Napoletana, mentre i suoi Guappi gridavano al popolo di Napoli, “Fate largo è arrivato il liberatore, il generale Garibaldi”.
Un ultimo cenno sul glorioso risorgimento Italiano e sull’Unità d’Italia e sul Padre della patria Vittorio Emanuele II, voglio farlo, citando la lettera, non di un Siciliano, ma di un toscano Francesco Guerrazzi, al suo amico Michelangelo Scamia che comincia: “ Piaccia a Dio non chiedermi conto troppo severo di aver contribuito anch’io a firmare questa infamia, che si chiama “Regno d’Italia “.
Voglio concludere con le parole di Giuseppe Garibaldi, deputato eletto dopo il discorso di Vito Dondes Reggio del 5 Dicembre 1863, con le quali si dimetteva, assieme ad altri, dal Parlamento nazionale: “la mia coscienza si indigna e non vorrei diventare complice indiretto dei massacri avvenuti in Sicilia di cui non ho nessuna colpa”.
Così Giuseppe Garibaldi motivò le sue dimissioni immediate ed irrevocabili dal Parlamento Nazionale di Torino.
Nella “Rivolta Acefala “ del sette e mezzo a Palermo non riesco ad immaginare, non avendo nulla trovato, un vero ruolo della mafia, e quindi gradirei che l’ambasciatore Romano accendesse anche solo una modesta luce sulla mia ignoranza!
Nella spedizione dei Mille in Sicilia ho trovato riscontro nell’aiuto che due capi mafia importanti ( tra cui un aristocratico barone capo mafia di Alcamo ) diedero a Giuseppe Garibaldi, fornendogli numerosi picciotti.
L ‘ eroe dei due mondi ha fatto comodo al Re d’ Italia ed allo Stato Reggio italiano al punto di tradire le sue volontà testamentarie lasciate per iscritto al suo medico personale Giovan Battista Prandina il 27 settembre 1877, ed ignorate alla morte di Garibaldi avvenuta il 2 Giugno 1882.
Per finire sarebbe bene rileggere la lettera, sconosciuta alla quasi totalità degli italiani, scritta da Vittorio Emanuele II, padre della patria il 22 Novembre 1860 e diretta al suo primo ministro Camillo Benso Conte di Cavour, ed è edificante leggere quel che egli dice e pensa di Garibaldi, solo qualche mese dopo il saluto di Teano!
La rivoluzione del Vespro , la rivolta del sette e mezzo, la sconfitta degli Angioini a Palermo, dopo sanguinosi combattimenti, nel 1213, restano fari luminosi nella storia millenaria della Sicilia e della Nazione Siciliana che dal 1296- incoronazione di Federico III nella Cattedrale di Catania- fino al 1816 -anno in cui FerdinandoIV di Borbone re di Napoli, diventa Re delle Due Sicilie- la Sicilia fu Nazione per oltre cinque secoli, con la sua bandiera e con il riconoscimento internazionale nella pace di Caltabellotta (1302).
Gioiosa Marea, 31 dicembre 2008
On. Salvatore Natoli Sciacca, Presidente per una notte della Regione siciliana
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'Non potho reposare': il cuore della Sardegna

NON POTHO REPOSARE. UNA DELLE CANZONI PIU' ANTICHE E PIU' POPOLARI DELLA TRADIZIONE MUSICALE SARDA di Antonio Strinna
NON POTHO REPOSARE
Salvatore Sini - Giuseppe Rachel

Breve lettura.
Non potho reposare, amore e coro... Come potrebbe l'amore conoscere sonno o sosta? L'amore vive di consapevolezza, di giorno e di notte, quando davvero si è innamorati, consapevolezza l'uno dell'altra, che mette al centro del mondo, costantemente, l'amato e l'amata. E' un dono speciale che non si può sprecare neppure per un secondo, per colpa di uno sguardo distratto o un pensiero che non contempli l'altro, non importa se fisicamente lontani. Questo il pensiero dominante, e rivelatorio, del poeta in Non potho reposare.Attenzione e cura, ribadisce l'autore dei versi, che ugualmente significano amore. Pensende a tie so, donzi momentu... Di qui in avanti, nello sviluppo avvolgente del brano, tutto sembra muoversi in una dimensione quasi sospesa fra l'onirico e il reale, la cui musica sostiene questa suggestiva dimensione attraverso una discreta e allegra mazurka, contemperando così uno spirito decisamente popolare, non senza una sottesa venatura di tristezza, con i sentimenti più profondi e più intensi dell'innamoramento. L'utilizzo poi della tonica all'ottava superiore fa risaltare la melodia, le conferisce leggerezza e ariosità, arricchita nel contempo da caratteristiche appoggiature sul quinto grado. Ca t'amo, forte t'amo, t'amo e t'amo. L'amore è di per sé infinitezza, diversamente da qualunque altra realtà terrena, una infinitezza che ci apre al soprannaturale. Ed è in fondo questa continuità dell'amore, senza calcoli né condizioni, che ci rende capaci di godere di gioie eterne. Ecco dunque emergere la spazialità straordinaria di una poesia e di una canzone, la spazialità nella quale ci ritroviamo veri e insieme come surreali. Dove ogni desiderio, pensiero e sentimento non è che un susseguirsi dello stesso respiro: amore e ancora amore. La specularità dell'uomo e della donna, attraverso lo sguardo unico dell'amore, appare qui di riflesso in alcune frasi musicali anch'esse metricamente speculari. Ogni gesto della vita prende forma, si orienta e si motiva con il solo spirito dell'amore, con la sua forza, la sua bellezza, la sua ambizione sempre alta e feconda. E questo ci dà già la certezza che la persona amata non cadrà mai nella tristezza, nello smarrimento o nel dolore, dice il poeta. Osservando la struttura melodica di Rachel, almeno nella prima strofa, notiamo che la frase musicale si risolve con una figurazione ritmica abbellita in forma terzinata, concludendo il tema musicale sul terzo grado dell'accordo di tonica. Si noti poi, di conseguenza, come la chiusura rimanga nell'ambiguità e come questa dia, nuovamente, un senso di infinitezza: da un lato esaurisce formalmente la strofa e dall'altro lascia un senso di indeterminatezza e di attesa. La commistione poetico musicale del brano parte dunque da qui, dal superamento di convenzioni, di limiti tecnici; e per il poeta, in particolare, tutto prende le mosse, tutto diviene sogno e insieme vissuto a partire dall'amore, che in questo modo è già rimozione di timori, distanze e umana precarietà. Per cui tutto è possibile, anche creare e donare, a beneficio dell'amata, unu mundu bellissimu pro tene/ pro poder dispensare cada bene. Il brano procede così, uno scatto dopo l'altro, in un crescendo di visioni emotive e di rinnovata intensità, quasi volesse librarsi nell'aria, liberando gli innamorati dalle catene della lontananza o di una severa quotidianità. In virtù dell'amore, dice il poeta, riconoscente, potrei trasferire sulla terra il Paradiso, tutto per te. Sì, perchè la donna amata è il sole che m'illumina, che mi esalta il cuore e la mente. Di qui il lampo di luce e di calore che accompagna - con il viatico del canto- il viaggio esistenziale di un uomo e una donna, dove l'affidarsi l'uno all'altro li tiene comunque uniti, sino a farne un solo corpo, una sola anima e, in definitiva, un unico destino. Pensende chi m'istimas mi ristoro/ chi de sa vida nostra tela e tramas/ han sa matessi sorte prite m'amas.

Chi è Salvatore Sini?
Salvatore Francesco Sini, nato a Sarule il 2 maggio 1873, è figlio di Agostino Sini Cheri e Mariangela Brandinu, una famiglia di pastori. Pastore anch'egli da ragazzo, prima di intraprendere gli studi a Nuoro, nelle scuole medie superiori, studi che poi prosegue all'Università di Cagliari, facoltà di giurisprudenza, conseguendo la laurea in legge col massimo dei voti nel 1904. Dopo la laurea, esercita la professione di avvocato prevalentemente a Nuoro. Del suo paese natale, Sarule, non si dimenticherà mai, anche lontano sentirà sempre una grande nostalgia e un forte legame affettivo e culturale.Il suo percorso letterario inizia nel 1909 con un dramma dal titolo "Il Medico", pubblicato a Nuoro presso la tipografia "Tanchis". Nel 1911 pubblica una canzone dal titolo "La Guerra Tripolina", un libretto di otto pagine. In tutti i versi della canzone Sini esprime una sua profonda convinzione: la guerra non è affatto una conquista ma una terribile tragedia, sempre devastante nella storia dell'uomo; e questo lo afferma anche altrove, in versi come questi: "Se il vigor dei forti/ fosse adoprato a coltivare il suolo/ la mente ad educare il cuor di tutti/ in terra regnerebbe il paradiso".Con il trascorrere degli anni, il poeta manifesta anche le sue tendenze proletarie, ad esempio nella canzone "Lamentos de sas theracas de Nugoro", scritta nel 1915, a cui seguì nel 1919 la canzone "Comunismu". Sini è allora particolarmente impegnato in molte campagne sociali, fra le quali una per la fondazione di una lega fra le donne operaie nuoresi.Ma la sua poesia raggiunge la cima più alta con "A diosa". Nel 1915 scrive infatti questa canzone, oggi meglio conosciuta col titolo di "Non potho reposare". Come una sorta di risposta a questa, ne scrive un'altra intitolata "A diosu". In seguito, compone anche "Muttos", tutte poesie musicate da Giuseppe Rachel, allora direttore della banda musicale di Nuoro. La poesia "A diosa" è quella che al poeta di Sarule ha dato sicuramente maggior prestigio e notorietà in tutta la Sardegna, nella penisola e anche all'estero.Proseguendo il suo percorso letterario, c'è da registrare che nel 1924 compone il canto "A Zuseppe Mesina" e poi ancora tanti altri fra i quali ricordiamo: "Sa canthone de Zuseppe Nonne", "Su zeccu" e "Su cundennau innozente". Nel 1929 scrive "Augurios pro s'isposaliziu de su Principe Umberto".Oltre alle esecuzioni del brano da parte del "Corpo musicale filarmonico", diretto dallo stesso Rachel, ricordiamo la registrazione su disco avvenuta nel 1936 di tre strofe di "A diosa" e tre strofe di "Muttos", tutte cantate dal tenore Maurizio Carta, di Mogoro. Nel 1951 compone dei versi per la morte del compare e amico avv. Ciriaco Offeddu e lo stesso fa per la morte di Attilio Deffenu. Infine, scrive anche i "Gosos de Santu Franziscu".Salvatore Sini muore a Nuoro il 27 Agosto 1954, quando aveva 81 anni.

Chi è Giuseppe Rachel?
Nato a Cagliari nel 1858, originario di Parma, è il quinto figlio di una famiglia di musicisti, un po' tutti legati alla musica: Francesco, Pietrop, Raimondo, Antonio e Giuseppe. Luigi Rachel, autore delle musiche di "Tristu passirillanti" e di "Canzone de tracca", è invece nipote di Giuseppe, figlio di Antonio. Come musicista professionista troviamo Giuseppe Rachel, in un primo momento, nella città di Verona, direttore di una banda musicale. Fa rientro, dopo pochi anni, in Sardegna, andando a vivere a Tempio Pausania. Più tardi si trasferirà a Nuoro, questa volta definitivamente, dopo aver vinto un concorso come direttore della banda musicale di Nuoro, esaminato da una Commissione presieduta da Maestro Luigi Cànepa di Sassari. A Nuoro insegna canto alle scuole magistrali e scrive composizioni per ottavino, il suo strumento prediletto. Compone, in particolare, le musiche di Non potho reposare e di Muttos, poesie scritte da Salvatore Sini, nel 1921. Giuseppe Rachel, come si può notare, intreccia le sue origini musicali colte con le atmosfere e le sonorità linguistiche sarde, elaborate in modo raffinato e intenso nei versi del poeta di Sarule, Salvatore Sini, il quale attinge al logudorese e insieme al nuorese. Non potho reposare viene musicata con il tempo di mazurka, una scelta di sicuro non casuale, visto che universalmente richiama le allegre feste paesane, lo spirito popolare, il ballo tradizionale in piazza. Ben noto e apprezzato a Nuoro, negli anni '30, era il complesso diretto da Rachel, denominato "Corpo musicale filarmonico". Il complesso comprendeva anche una sezione canora di voci miste, affidato a Tomaso Madrigali, organista della Chiesa delle Grazie. Non potho reposare faceva sicuramente parte del suo repertorio, si aggiunga poi che anche il tenore Maurizio Carta la eseguiva e infine la registrò su disco, nel 1936, insieme all'altro brano scritto con Sini, cioè Muttos. Giuseppe Rachel muore a Nuoro nel 1937, quando aveva poco meno di 80 anni.

Il viaggio di Non potho reposare.
Il brano, nato nell'estate del 1921, per una quindicina d'anni rimane nel silenzio, e tuttavia viene amorevolmente custodito e fatto proprio dal "Corpo musicale filarmonico" di Nuoro, diretto dallo stesso Rachel. Ci vorrà ancora molto altro tempo per scoprire il suo vero, grande destino. Finalmente arriva l'incisione delle tre strofe di Non Potho reposare (insieme alle strofe di Muttos) da parte del tenore di Mogoro Maurizio Carta, avvenuta nel 1936. Finalmente, soprattutto, arriva quella del Coro Barbagia di Nuoro, diretto da Banneddu Ruiu, il quale incide nel 1966 un long playng intitolato "Sardegna, canta e prega", presso la RCA Italiana, dove il primo brano proposto è proprio Non potho reposare, armonizzato dallo stesso Banneddu Ruiu. Nello stesso anno, il Coro di Nuoro, diretto da Gian Paolo Mele registra a Milano il long playng "La Sardegna nel canto e nella danza", dove ugualmente troviamo Non potho reposare, armonizzato dal direttore del coro. Davvero notevole è il successo che riscuotono questi due cori e strepitoso è il successo del brano composto da Sini e Rachel. Tutti i cori nuoresi lo adotteranno con passare degli anni, come il Coro Ortobene, Su Nugoresu, Sos Canarios, il Grazia Deledda e altri ancora, poi via via la maggior parte dei cori isolani. E' ragionevole pensare che proprio nel 1966, grazie ai due long playng registrati -ormai pietre miliari del canto corale sardo-, il brano Non potho reposare sia uscito perentoriamente dalla semiclandestinità e soprattutto dall'ambito ristretto di Nuoro. E' da questo momento, infatti, che il brano si diffonde e conquista i cuori di tutti i sardi e non soltanto. Ci penseranno, poi, altri nuovi interpreti, gruppi e solisti, più o meno importanti, mentre via via si affacciano sulla scena musicale, a contribuire alla sua completa affermazione. Come le corali Cànepa e Vivaldi di Sassari, Maria Carta, Elena Ledda, I Tazenda, I Bertas, Andrea Parodi, I Cordas e Cannas e molti altri gruppi. Dopo un viaggio durato più di ottant'anni, possiamo infine affermare che Non potho reposare è approdata e profondamente ancorata nel porto a cui desiderava tanto arrivare, quello del nostro cuore. Oggi amiamo davvero questa canzone, la consideriamo giustamente un piccolo quanto prezioso capolavoro, di per sè un patrimonio poetico e musicale. Un patrimonio nel quale la maggior forza risiede nella sua sfera naturalmente spirituale: è infatti una forza tutt'altro che muscolare, la sua, e il suo canto si rivela e ci coinvolge con una straordinaria fascinazione. E' infatti un canto che, affrancato dai confini e dalle mode, ci fa riscoprire interiormente, pervasi dello suo stesso amore. In ogni tempo.

Una curiosità (non da poco, ndr)
Alla SIAE, nei registri dei diritti d'autore, il testo di Non potho reposare risulta curiosamente intestato a Max Leopold Wagner, maestro della linguista sarda. NON POTHO REPOSARE Salvatore Sini - Giuseppe Rachel Non potho reposare, amore e coro, pensende a tie so donzi momentu.No istes in tristura, prenda 'e oro,ne in dispiaghere o pensammentu:t'assicuro chi a tie solu bramo,ca t'amo, forte t'amo, t'amo e t'amo. Amore meu, prenda de istimare,s'affettu meu a tie solu est dau.S'hare giuttu sas alas a bolaremilli vortas a s'ora ippo volau,pro venner nessi pro ti saludaresi atera cosa, nono, a t'abbisare.Si m'esseret possibile de anghelus'ispiritu invisibile picabosas formas et furabo dae su chelusu sole, sos isteddos e formabounu mundu bellissimu pro tenepro poder dispensare cada bene. Amore meu, rosa profumada,amore meu, gravellu oletzante,amore, coro, immagine adorada,amore, coro, so ispasimante, amore, ses su sole relughente,ch'ispuntat su manzanu in oriente. Ses su sole ch'illuminat a mie, chi m'esaltat su coro e-i sa mente;lizu vroridu, candidu che nie,semper in coro meu ses presente. Amore meu, amore meu, amore,vive senz'amargura nen dolore. Si sa luche de isteddos e de sole,si su bene chi v'est in s'universu hare pothiu piccare in d'una molecommente palumbaru m'ippo immersuin fundu de su mare a regalarea tie vida, sole, terra e mare. Unu ritrattu s'essere pintore,un'istatua 'e marmu ti vachìas'essere istadu eccellente iscultore,ma cun dolore ti naro: "Non d'ischìa".Ma non balen a nudda marmu e telain cunfrontu a s'amore, de oro vela.Ti cherìo abbratzare ego e basarepro ti versare s'anima in su coro,ma de lontanu ti deppo adorare.Pensende chi m'istimas mi ristoro,chi de sa vida nostra telas e tramashan sa matessi sorte prite m'amas.Sa bellesa de tramontos, de manzanus'alba, s'aurora, su sole lughente,sos profumos, sos cantos de veranu,sos zeffiros, sa brezza relughentede su mare, s'azzurru de su chelu,sas menzus cosas dò a tie, anzèlu.
Pubblicato nella Rivista musicale "Sonos e contos" del mese di febbraio 2008.
Inserito il 23/09/2008 19:46:09
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Le utili imprese di Giuseppe Alibrandi








(L'articolo, già apparso su 'Milazzo Nostra', sul numero di dicembre 2008, viene pubblicato per gentile concessione dell'Autore e dell'Editore, dott. Bartolo Cannistrà, che ringraziamo).
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