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INGV: il 27% di gas inquinanti è prodotto dalla Terra

Roma, 22.01. 2009 - Quanta parte dei gas serra e di altri idrocarburi volatili inquinanti è prodotta dall’uomo e quanta dalla natura? A questa domanda stanno rispondendo alcune ricerche condotte dal geologo del petrolio Giuseppe Etiope dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con Paolo Ciccioli, chimico dell’atmosfera del CNR di Montelibretti che hanno rivoluzionato le convinzioni sui bilanci delle emissioni in atmosfera. L’ultima novità in proposito, ci rivela che significative percentuali di idrocarburi volatili come l’etano e il propano derivano dal degassamento terrestre. Entrambi questi idrocarburi hanno un ruolo importante nella formazione, in seguito a processi fotochimici, dell’ozono troposferico, un gas nocivo per la respirazione (invece come è noto l’ozono stratosferico svolge il ruolo positivo di filtro delle radiazioni solari ultraviolette, ed è quindi da preservare). In precedenza lo stesso Giuseppe Etiope, con un altro gruppo di ricerca aveva determinato le emissioni geologiche di metano e aggiornato il rapporto dei cambiamenti climatici redatto dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), organo delle Nazioni Unite. Nel 2007, l’ultimo rapporto IPCC riporta per la prima volta le scoperte dell’INGV.
Recentemente Etiope aveva dimostrato che anche le emissioni geologiche di gas dalle rocce del sottosuolo, ovvero il naturale “respiro” del pianeta Terra, sono una fonte importante di metano: esse costituiscono almeno il 10% delle emissioni totali di metano in atmosfera e sono maggiori di altre fonti naturali o indotte dall’uomo. Oggi, la prestigiosa rivista Science pubblica il nuovo lavoro di Giuseppe Etiope e del collega del CNR, Paolo Ciccioli, che indica come il degassamento terrestre è responsabile anche dell’emissione di notevoli quantità di etano e propano (idrocarburi più complessi del metano) che possono avere un impatto notevole per la produzione di ozono. Le ricerche, suggeriscono che almeno il 17% di etano e il 10% di propano emessi in atmosfera derivano dal degassamento terrestre.
“Siamo partiti dai dati relativi alle emissioni di metano che abbiamo pubblicato negli anni precedenti - spiega Giuseppe Etiope - abbiamo poi esaminato le quantità di etano e propano che si ritrovano insieme al metano nelle esalazioni geologiche e quindi calcolato i loro flussi. Un esercizio relativamente semplice ma che ha dato un risultato sorprendente”.
Queste emissioni di idrocarburi si trovano principalmente nelle aree petrolifere: il gas accumulato nei giacimenti spesso fuoriesce e arriva in superficie naturalmente, attraverso faglie e rocce fratturate. Questo fenomeno, detto “seepage” è più diffuso di quanto si spensi. Giuseppe Etiope è uno dei maggiori esperti di “seepage” e le sue ricerche hanno rivoluzionato gli inventari globali delle sorgenti di metano. L’agenzia americana per l’ambiente (EPA) e quella Europea (EEA) stanno entrambe riformulando i loro inventari. Ora dovranno cambiare le tabelle anche per l’etano e propano. “Questo risultato”, spiega Enzo Boschi, presidente dell’INGV, “conferma che i processi geologici e geofisici, come il degassamento di idrocarburi, possono avere un impatto significativo sull’atmosfera e nell’ambiente in generale”.
Facciamo ad Etiope alcune domande:
A quanto ammontano le emissioni geologiche di metano, etano e propano, e quanto sono grandi in confronto con le sorgenti note?
Le emissioni geologiche di metano ammontano ad almeno 50 milioni di tonnellate l’anno, ovvero 1/7 della quantità emessa dalle attività umane (circa 360 milioni di tonnellate). Ciò equivale all’effetto serra prodotto da più di 200 milioni di auto guidate in un anno. Quella geologica è la seconda sorgente naturale di metano, dopo le cosiddette "Terre umide" e superiore ad alcune sorgenti indotte dall’uomo, come le discariche o il trattamento dei rifiuti.
L’emissione geologica di etano e propano sono stimate rispettivamente a circa 2-4 e 1-2,4 milioni di tonnellate ogni anno, ovvero 17% e 10% del totale; mediamente un quarto di quelle indotte dall’uomo (pari a 6.5 milioni di tonnellate).
Quali informazioni può darci la conoscenza di queste emissioni per quel che riguarda lo studio dei mutamenti climatici?
Lo studio dei cambiamenti climatici si basa sulla conoscenza delle emissioni dei gas inquinanti (gas serra o produttori di ozono) sia naturali che indotte dall’uomo. Le emissioni naturali non sono definite con precisione; sappiamo meglio quanto emette l’uomo. Se nel conto globale manca una parte delle emissioni non possiamo capire completamente le relazioni tra gas serra e cambiamenti globali. La scoperta di una nuova sorgente, come quella geologica, aumenta la “responsabilità” della natura e risolve alcuni rebus. I calcoli atmosferici hanno sempre suggerito una “sorgente mancante” di metano e etano, a cui nessuno ha mai dato una spiegazione esauriente, ovvero doveva esserci da qualche parte una fonte finora sconosciuta. Le nostre ricerche suggeriscono che questa sorgente mancante è proprio quella geologica naturale.

Quali aree nel mondo e quali processi geologici emettono questi idrocarburi?
Le emissioni geologiche di idrocarburi gassosi sono sparse in tutto il mondo. Esistono due principali tipi di aree, quelle dei bacini sedimentari dove esistono i giacimenti petroliferi e le aree geotermiche. Le emissioni nelle aree petrolifere possono avvenire da manifestazioni visibili (dette “seep”), sia in mare che sui continenti, e attraverso una invisibile ma diffusa esalazione dal suolo. Esistono probabilmente più di 10 mila seeps sui continenti, in almeno 90 paesi, e l’esalazione diffusa potrebbe interessare una superficie di circa 4 milioni di km2.

Perché finora nei bilanci globali questa sorgente non è stata presa in considerazione?
In realtà era considerata piccola, trascurabile. Ma questo era solo una ipotesi sbagliata perché di fatto mancavano misure e dati; nessuno aveva mai fatto studi approfonditi. La comunità di esperti sul clima e sui gas serra non ha sempre una visione multidisciplinare e spesso ignora l’importanza di alcuni processi geologici sull’ambiente. Il lavoro pubblicato su Science è invece il risultato di una collaborazione tra geologi e esperti dell’atmosfera, e da questa collaborazione nacque l’intuizione dell’importanza delle emissioni geologiche di tutti gli idrocarburi gassosi.
Ma ora gli inventari ufficiali delle agenzie ambientali governative come IPCC o l’EPA degli Stati Uniti stanno modificando le loro tabelle.
Ufficio stampa INGV ufficiostampa@ingv.itPer maggiori informazioni contattare Giuseppe Etiope etiope@ingv.it 06.51860394
COMUNICATO STAMPA INGV EMBARGATO FINO ALLE ORE 20:00 DI OGGI
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IL PARCO DEL CIRCEO COMPIE 75 ANNI

Roma, 20 gen. - Domenica prossima il Parco nazionale del Circeo compira' 75 anni. Venne infatti istituito nel 1934, contestualmente all'imponente lavoro di bonifica dell'agro-pontino voluto dal regime fascista. Per celebrare questa ricorrenza l'Ente parco ha organizzato sabato, nella sua sede di Sabaudia, una cerimonia commemorativa alla quale e' stato invitato il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. L'obiettivo e' fare il punto sulle prossime sfide da intraprendere per allargare la fruizione del parco, preservandone l'ambiente e la straordinaria bellezza. "Il Parco e' piccolo - spiega Gaetano Benedetto, presidente dell'Ente istituito nel 2005 per tutelare e valorizzare il patrimonio naturalistico, lo sviluppo del turismo e le attivita' compatibili-". "Si estende soltanto su 8.500 ettari, ma ha una incredibile varieta' di ambienti: c'e' la foresta di pianura, l'ultima rimasta in Italia, 25 km di spiagge e dune selvagge, quattro laghi popolati da 322 specie di volatili, un promontorio che evoca suggestioni mitologiche, aree archeologiche come la Villa di Domiziano, un'isola, Zannone, di assoluta naturalita' e rara suggestione". Questo grande patrimonio, denuncia Benedetto, e' ancora poco conosciuto. "Due milioni e mezzo di persone ogni estate frequentano le spiagge - sottolinea - e meno del 10% di loro conosce la foresta". Preservare questi ambienti significa proteggere un'integrita' territoriale a cui e' legata la storia e l'identita' di una comunita' locale. Integrita' che ha anche una forte valenza economica, tant'e' vero che le case nel comune di Sabaudia hanno prezzi ben piu' elevati di quelle dei comuni limitrofi. Le iniziative da mettere in campo sono svariate. "Come prima cosa dobbiamo contenere l'aumento degli stabilimenti balneari per mantenere le spiagge libere" spiega Benedetto -". "Oggi accade che alcuni stabilimenti, che dovrebbero essere solo stagionali, ottengano invece l'autorizzazione a restare aperti anche d'inverno, inventandosi motivazioni fittizie, come cure elioterapiche e similari". C'e' poi la "scommessa economica" di destagionalizzare l'offerta, mettendo in condizione le strutture alberghiere di lavorare anche nei mesi freddi, con il turismo congressuale, le scolaresche, il birdwatching, gli appassionati di sport invernali che gia' adesso si allenano numerosi sul lago di Sabaudia. "L'ente sta lavorando a queste sfide - rileva Benedetto - ancora non si e' creato il circuito giusto, ma il nostro impegno e' massimo". Grande e' anche il lavoro del Corpo forestale dello Stato, che gestisce con dedizione l'area della foresta planiziaria. Su 8.5000 ettari di parco, circa 5.000 sono di proprieta' dello Stato: sono pubblici i laghi di Fogliano, Caprolace, Monaci e Paola. E grazie all'intervento statale si sono potuti salvare il lago e il borgo di Fogliano da un imponente progetto edilizio che prevedeva la costruzione di ville e di un grattacielo. (agi)
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