Il modello numerico delle osservazioni da satellite mostra che la faglia sismica dell’Aquila era già conosciuta
Roma, 20/04/2009 - La frattura della crosta terrestre che ha originato il terremoto di magnitudo Mw 6.3 che ha colpito l’Abruzzo centrale il 6 aprile 2009 è stata individuata dai ricercatori dell’INGV. Analizzando gli effetti superficiali della dislocazione sul piano della faglia, ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia hanno
misurato e analizzato i movimenti del terreno per identificare la sorgente sismica in profondità e valutare di quanto si siano dislocati i due lembi della crosta terrestre lungo il piano della faglia sismica.
Utilizzando le immagini dei 3 satelliti italiani COSMO-SkyMed, i ricercatori INGV hanno elaborato un modello matematico che mostra come il piano di frattura sia lungo circa 25 km e si immerga sotto la piana dell’Aquila inclinato di 50°, fino a 12 km di profondità. Lo scorrimento della crosta terrestre lungo il piano di faglia ha raggiunto un massimo di 90 cm a 4 km di profondità.
La frattura si è propagata dall’ipocentro del terremoto verso l’alto fino ad arrivare in superficie in corrispondenza del paese di Paganica. A conferma di questo le squadre di geologi dell’INGV hanno trovato e misurato numerose fratture nel terreno per una lunghezza di circa 4 km, con aperture di alcuni centimetri.
Nord
Rappresentazione del piano di faglia (in blu) risultante dal modello INGV basato su 2 immagini dei satelliti COSMO-SkyMed. Il piano immerge di circa 50° verso Sud Ovest e passa sotto alla città de L’Aquila. Il blocco di crosta terrestre a Sud Ovest (sinistra) del piano ha scorso verso il basso di circa 90 cm (a 4 km di profondità), e ha causato in superficie un abbassamento del suolo di 25 cm, visibile in figura con il colore rosso.
La faglia che ha originato il terremoto del 6 aprile 2009 è quindi la faglia di Paganica, già riportata nella cartografia geologica a partire dagli anni ’90.
I dati utilizzati per questa ricerca provengono dai 3 satelliti italiani COSMO-SkyMed, lanciati dall’Agenzia Spaziale Italiana negli ultimi 3 anni anche per il monitoraggio dei terremoti.
Interferogramma formato da due immagini dei satelliti italiani COSMO-SkyMed riprese a cavallo del terremoto de L’Aquila del 6 aprile 2009: l’immagine pre-evento è del 4 aprile, l’immagine post-evento del 12 aprile.
Ognuna delle fasce di colore concentriche (frange) indica un abbassamento del suolo di 1,5 centimetri, per un totale di circa -25 cm tra L’Aquila e l’abitato di Fossa. Questo abbassamento è avvenuto durante il terremoto (deformazione co-sismica) ed è la risposta della superficie alla dislocazione sul piano di faglia in profondità.
Il terremoto del 6 aprile 2009 è il secondo che sia mai stato studiato con i dati dei satelliti italiani COSMO-SkyMed; il primo fu il terremoto di Sichuan, Cina, 12 maggio 2008. In quel caso fu calcolato il primo interferogramma in banda X per una misura di spostamento co-sismico (Stramondo et al., 2008), ma la sua utilità fu limitata a causa della scarsa copertura dell’area.
Attalmente la disponibilità di 3 satelliti della costellazione COSMO-SkyMed consente una copertura ad alta frequenza temporale che ha permesso di ottenere i risultati sopra esposti.
Riferimento:
Stefano Salvi
Dirigente Earthquake Remote Sensing Group
Home »
» INGV, LA FAGLIA SISMICA DELL’AQUILA ERA GIÀ CONOSCIUTA
Nessun commento:
Posta un commento