L'on. Natoli al Corriere: omissioni ed opere....

Al Direttore del Corriere della Sera
dott. Mieli e al dott. Sergio Romano


Egregio Direttore,
il 28 Dicembre 2008 il dottor Sergio Romano risponde alla lettera di un lettore del Corriere che chiedeva di saperne di più sulla rivolta del sette e mezzo di Palermo del 18-22 settembre 1866.
Come siciliano ho trovato questa risposta sconvolgente ed irritante!
È vero che la rivolta è chiamata “acefala” per la mancanza di un capo e che iniziò al grido:
Viva la Repubblica;
Viva Santa Rosalia;
Viva Francesco II.
Romano non fa mancare, tra i motori della rivolta, “la Mafia” e, come violenza, i saccheggi.
La testimonianza del Console francese dell’epoca a Palermo parla dei rivoluzionari, che “non torsero un capello a nessuno” e non “torsero né esercitarono alcuna violenza sui prigionieri presi ed appartenenti allo Stato Regio Italiano e ne’ si abbandonarono ad alcun saccheggio”.
Non trovo alcun accenno al generale Giovanni Corrao ucciso mentre ritornava sul calesse a casa sua nel suo podere dopo aver disapprovato, con tanti altri, il saluto al Re D’Italia di Giuseppe Garibaldi a Teano.
Come fa Sergio Romano ad ignorare quel che avvenne in Sicilia negli anni che vanno dopo il 1860 e sino al 1866?
Non c’è un rigo su quei tragici avvenimenti!
Non c’è un rigo sulla fondazione nel 1862 del partito d’azione ad opera dei Mazziniani, Garibaldini delusi ed il cui capo, Badia – Schirò, venne arrestato pochi mesi prima della rivolta del sette e mezzo e che Salvatore Miceli,durante la rivolta, tentò, con i suoi uomini, di liberare assaltando la Vicaria!
Considerato lo spessore culturale dell’ambasciatore Romano, mi sono chiesto se si trattasse di errori o di omissioni!
I fatti delittuosi avvenuti in Sicilia prima del sette e mezzo e dopo, trovano ingresso a Torino nel Parlamento nazionale, riunito al palazzo Carignano con il discorso del siciliano giurista e garibaldino, Onorevole Vito Dondes Reggio, il 5 dicembre 1863.
In questa seduta egli denunziava quelli che oggi avremmo chiamato crimini contro l’umanità, ad opera del generale Govone, del generale Cadorna e del generale Cialdini nei paesi di Camalduni e Monterotondo in nome del re d’Italia Padre della Patria. L’omissione prende sempre più corpo!
Non volendo emulare l’ambasciatore Romano nelle omissioni tra le tante e tante rivolte avvenute in quel quinquennio in Sicilia, voglio solo ricordare la rivolta dei “Cutrari “ ove a seguito della cattura nelle loro abitazioni del commissario di leva Bartolomeo Asaro e del comandante della guardia nazionale Boruso gli stessi vennero uccisi.
La repressione reggia si completò nella mattinata seguente al fatto in contrada Villa Falconeria ove, dopo il rastrellamento dell’esercito Reggio, si passò alla fucilazione di tutti i rastrellati e tra essi di Maria Crociata, una donna cieca di trenta anni, del sacerdote Benedetto Palermo di quarantasei anni , della contadina Angela Catalano di cinquanta anni e dei vecchi Angela Catania ed Antonio Caronia di settanta anni.
Nelle scuole del regno ed anche in quelle della Repubblica sul “glorioso Risorgimento italiano” sono state insegnate ai nostri giovani ignari una serie di falsità ed abbondanti menzogne: dallo sbarco dei Mille a Marsala ove non c’era nessuno ad accogliere Garibaldi, all’ingresso trionfale del Garibaldi in carrozza a Napoli in mezzo alla folla festante ma, tacendo, che nella carrozza al suo fianco, vi stava seduto,accanto all’eroe dei due mondi, Salvatore De Crescenzo, capo indiscusso della Camorra Napoletana, mentre i suoi Guappi gridavano al popolo di Napoli, “Fate largo è arrivato il liberatore, il generale Garibaldi”.
Un ultimo cenno sul glorioso risorgimento Italiano e sull’Unità d’Italia e sul Padre della patria Vittorio Emanuele II, voglio farlo, citando la lettera, non di un Siciliano, ma di un toscano Francesco Guerrazzi, al suo amico Michelangelo Scamia che comincia: “ Piaccia a Dio non chiedermi conto troppo severo di aver contribuito anch’io a firmare questa infamia, che si chiama “Regno d’Italia “.
Voglio concludere con le parole di Giuseppe Garibaldi, deputato eletto dopo il discorso di Vito Dondes Reggio del 5 Dicembre 1863, con le quali si dimetteva, assieme ad altri, dal Parlamento nazionale: “la mia coscienza si indigna e non vorrei diventare complice indiretto dei massacri avvenuti in Sicilia di cui non ho nessuna colpa”.
Così Giuseppe Garibaldi motivò le sue dimissioni immediate ed irrevocabili dal Parlamento Nazionale di Torino.
Nella “Rivolta Acefala “ del sette e mezzo a Palermo non riesco ad immaginare, non avendo nulla trovato, un vero ruolo della mafia, e quindi gradirei che l’ambasciatore Romano accendesse anche solo una modesta luce sulla mia ignoranza!
Nella spedizione dei Mille in Sicilia ho trovato riscontro nell’aiuto che due capi mafia importanti ( tra cui un aristocratico barone capo mafia di Alcamo ) diedero a Giuseppe Garibaldi, fornendogli numerosi picciotti.
L ‘ eroe dei due mondi ha fatto comodo al Re d’ Italia ed allo Stato Reggio italiano al punto di tradire le sue volontà testamentarie lasciate per iscritto al suo medico personale Giovan Battista Prandina il 27 settembre 1877, ed ignorate alla morte di Garibaldi avvenuta il 2 Giugno 1882.
Per finire sarebbe bene rileggere la lettera, sconosciuta alla quasi totalità degli italiani, scritta da Vittorio Emanuele II, padre della patria il 22 Novembre 1860 e diretta al suo primo ministro Camillo Benso Conte di Cavour, ed è edificante leggere quel che egli dice e pensa di Garibaldi, solo qualche mese dopo il saluto di Teano!
La rivoluzione del Vespro , la rivolta del sette e mezzo, la sconfitta degli Angioini a Palermo, dopo sanguinosi combattimenti, nel 1213, restano fari luminosi nella storia millenaria della Sicilia e della Nazione Siciliana che dal 1296- incoronazione di Federico III nella Cattedrale di Catania- fino al 1816 -anno in cui FerdinandoIV di Borbone re di Napoli, diventa Re delle Due Sicilie- la Sicilia fu Nazione per oltre cinque secoli, con la sua bandiera e con il riconoscimento internazionale nella pace di Caltabellotta (1302).
Gioiosa Marea, 31 dicembre 2008
On. Salvatore Natoli Sciacca, Presidente per una notte della Regione siciliana
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