Recentemente Etiope aveva dimostrato che anche le emissioni geologiche di gas dalle rocce del sottosuolo, ovvero il naturale “respiro” del pianeta Terra, sono una fonte importante di metano: esse costituiscono almeno il 10% delle emissioni totali di metano in atmosfera e sono maggiori di altre fonti naturali o indotte dall’uomo. Oggi, la prestigiosa rivista Science pubblica il nuovo lavoro di Giuseppe Etiope e del collega del CNR, Paolo Ciccioli, che indica come il degassamento terrestre è responsabile anche dell’emissione di notevoli quantità di etano e propano (idrocarburi più complessi del metano) che possono avere un impatto notevole per la produzione di ozono. Le ricerche, suggeriscono che almeno il 17% di etano e il 10% di propano emessi in atmosfera derivano dal degassamento terrestre.
“Siamo partiti dai dati relativi alle emissioni di metano che abbiamo pubblicato negli anni precedenti - spiega Giuseppe Etiope - abbiamo poi esaminato le quantità di etano e propano che si ritrovano insieme al metano nelle esalazioni geologiche e quindi calcolato i loro flussi. Un esercizio relativamente semplice ma che ha dato un risultato sorprendente”.
Queste emissioni di idrocarburi si trovano principalmente nelle aree petrolifere: il gas accumulato nei giacimenti spesso fuoriesce e arriva in superficie naturalmente, attraverso faglie e rocce fratturate. Questo fenomeno, detto “seepage” è più diffuso di quanto si spensi. Giuseppe Etiope è uno dei maggiori esperti di “seepage” e le sue ricerche hanno rivoluzionato gli inventari globali delle sorgenti di metano. L’agenzia americana per l’ambiente (EPA) e quella Europea (EEA) stanno entrambe riformulando i loro inventari. Ora dovranno cambiare le tabelle anche per l’etano e propano. “Questo risultato”, spiega Enzo Boschi, presidente dell’INGV, “conferma che i processi geologici e geofisici, come il degassamento di idrocarburi, possono avere un impatto significativo sull’atmosfera e nell’ambiente in generale”.
Facciamo ad Etiope alcune domande:
A quanto ammontano le emissioni geologiche di metano, etano e propano, e quanto sono grandi in confronto con le sorgenti note?
Le emissioni geologiche di metano ammontano ad almeno 50 milioni di tonnellate l’anno, ovvero 1/7 della quantità emessa dalle attività umane (circa 360 milioni di tonnellate). Ciò equivale all’effetto serra prodotto da più di 200 milioni di auto guidate in un anno. Quella geologica è la seconda sorgente naturale di metano, dopo le cosiddette "Terre umide" e superiore ad alcune sorgenti indotte dall’uomo, come le discariche o il trattamento dei rifiuti.
L’emissione geologica di etano e propano sono stimate rispettivamente a circa 2-4 e 1-2,4 milioni di tonnellate ogni anno, ovvero 17% e 10% del totale; mediamente un quarto di quelle indotte dall’uomo (pari a 6.5 milioni di tonnellate).
Quali informazioni può darci la conoscenza di queste emissioni per quel che riguarda lo studio dei mutamenti climatici?
Lo studio dei cambiamenti climatici si basa sulla conoscenza delle emissioni dei gas inquinanti (gas serra o produttori di ozono) sia naturali che indotte dall’uomo. Le emissioni naturali non sono definite con precisione; sappiamo meglio quanto emette l’uomo. Se nel conto globale manca una parte delle emissioni non possiamo capire completamente le relazioni tra gas serra e cambiamenti globali. La scoperta di una nuova sorgente, come quella geologica, aumenta la “responsabilità” della natura e risolve alcuni rebus. I calcoli atmosferici hanno sempre suggerito una “sorgente mancante” di metano e etano, a cui nessuno ha mai dato una spiegazione esauriente, ovvero doveva esserci da qualche parte una fonte finora sconosciuta. Le nostre ricerche suggeriscono che questa sorgente mancante è proprio quella geologica naturale.
Quali aree nel mondo e quali processi geologici emettono questi idrocarburi?
Le emissioni geologiche di idrocarburi gassosi sono sparse in tutto il mondo. Esistono due principali tipi di aree, quelle dei bacini sedimentari dove esistono i giacimenti petroliferi e le aree geotermiche. Le emissioni nelle aree petrolifere possono avvenire da manifestazioni visibili (dette “seep”), sia in mare che sui continenti, e attraverso una invisibile ma diffusa esalazione dal suolo. Esistono probabilmente più di 10 mila seeps sui continenti, in almeno 90 paesi, e l’esalazione diffusa potrebbe interessare una superficie di circa 4 milioni di km2.
Perché finora nei bilanci globali questa sorgente non è stata presa in considerazione?
In realtà era considerata piccola, trascurabile. Ma questo era solo una ipotesi sbagliata perché di fatto mancavano misure e dati; nessuno aveva mai fatto studi approfonditi. La comunità di esperti sul clima e sui gas serra non ha sempre una visione multidisciplinare e spesso ignora l’importanza di alcuni processi geologici sull’ambiente. Il lavoro pubblicato su Science è invece il risultato di una collaborazione tra geologi e esperti dell’atmosfera, e da questa collaborazione nacque l’intuizione dell’importanza delle emissioni geologiche di tutti gli idrocarburi gassosi.
Ma ora gli inventari ufficiali delle agenzie ambientali governative come IPCC o l’EPA degli Stati Uniti stanno modificando le loro tabelle.
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